sabato 5 maggio 2018

Alluminio in tutte le salse

Non è la prima volta che mi chiedo cosa ne penserebbe degli attuali rischi alimentari Pellegrino Artusi (1820-1911), il famoso scrittore, critico letterario e soprattutto fine gastronomo italiano che con quel capolavoro di storia alimentare e ricette che è “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene ha fatto la storia della cucina italiana ed è stato l'ispirazione della marmellata più buona che mia mamma (e sicuramente più modestamente anch’io) abbia mai prodotto: quella “Conserva di aranci” realizzata secondo la ricetta ottocentesca raccontata  a pagina 655 del suo capolavoro ancora oggi edito da Einaudi. Ai tempi dell’Artusi, in Italia, se sicuramente erano molte di più le vittime della listeriosi e ancora molti i progressi da fare nel campo della nutrizione, i rischi alimentari sembravano molti meno, a cominciare dalla contaminazione da alluminio, che a differenza di altri metalli come il ferro ed il magnesio, non ha alcuna funzione nel metabolismo dell’uomo, all'interno del quale non dovrebbe essere rappresentato nemmeno in tracce. 

Eppure la presenza di questo minerale nell'organismo umano, che deriva da una contaminazione non necessaria che avviene prevalentemente per via alimentare, incomincia ad essere riconosciuta come sensibile e pericolosa anche dall’Associazione Culturale Pediatri (ACP) sulla sua rivista Quaderni ACP, in un ampio approfondimento a più voci uscito alla fine del 2017 e dal titolo “Contenitori per cibo e bevande in alluminio: un rischio per la salute?”. Per l’ACP “L’alluminio è uno dei metalli con una riconosciuta potenziale pericolosità per la nostra salute, interferisce con diversi processi biologici (stress ossidativo cellulare, metabolismo del calcio, etc.), pertanto può indurre effetti tossici in diversi organi e sistemi: il tessuto nervoso, il sistema emopoietico e l’osso sono i bersagli più vulnerabili”. Se diversi studi in passato suggerivano che l’alluminio, per la sua neurotossicità, potesse contribuire all’insorgenza della malattia di Alzheimer, le più recenti pubblicazioni non hanno prodotto dati significativi a sostegno del diretto coinvolgimento dell’alluminio nella genesi di questa malattia, ma hanno confermato il suo ruolo attivo nella morte neuronale a livello cerebrale, per cui non va escluso un suo ruolo importante nell’aggravare o accelerare i sintomi e l’insorgenza di molte patologie neurodegenerative umane.

Ma come avviene questa contaminazione? L’alluminio è oggi un minerale frequentemente utilizzato dall’industria alimentare. Grazie alla sua morbidezza, elasticità e resistenza all’ossidazione, è il più adatto alla produzione di numerosissimi prodotti, da solo o sotto forma di leghe. Tra questi ci sono pentole, lattine, tubetti, fogli di alluminio e contenitori di ogni genere che vengono a contatto con bevande e cibi dai quali potenzialmente questa sostanza può migrare negli alimenti. Ma composti di alluminio sono usati anche come additivi per il cibo con i codici E520 a E523 (solfato di alluminio, di alluminio e sodio, di alluminio e potassio, di alluminio e ammonio) e possono essere utilizzati come cristallizzanti e per promuovere la precipitazione delle proteine o per rafforzare la struttura dei vegetali durante la lavorazione in diversi alimenti come per esempio l’albume d’uovo in polvere, la birra, la frutta e la verdura candite. Inoltre l’alluminio si trova naturalmente anche nell’acqua potabile e in alcuni alimenti. “Possiamo pertanto dividere l’esposizione umana a questo minerale in due categorie: da alluminio intrinsecamente contenuto negli alimenti e da alluminio non alimentare, con additivi oppure da migrazione da materiali a contatto con il ciboha spiegato l’ACP. 

Per questo “Sono stati fissati dall’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare (EFSA) dei limiti di cautela, corrispondenti ad una dose settimanale tollerabile (Tolerable Weekly Intake) pari a 1mg/ kg di peso corporeo alla settimana, corrispondente a 70mg di allumino a settimana per un adulto di 70kg e a 15mg per un bambino di 15 chili di peso” ha ricordato l’approfondimento dell’ACP. Siamo salvi quindi, visto che tutti si atterranno ad un contenuto di alluminio rigorosamente “a norma di legge”? Purtroppo no! Anche ammettendo che tutti rispettino la legge c’è un fattore che il legislatore, non solo nel caso dell’alluminio, raramente tiene conto e cioè che le contaminazioni da alluminio possono arrivare da molti prodotti diversi e in molto modi diversi mettendo seriamente in pericolo quella soglia di sicurezza pari a 1mg/ kg di peso corporeo alla settimana. Per esempio, anche se la quantità massima di alluminio che può migrare da qualsiasi materiale utilizzato a contatto con i cibi (Specific Release Limit) è stata regolamentata per legge nel 2013, ed è pari a 5 mg per kilogrammo o litro di prodotto alimentare, quasi tutti i programmi di monitoraggio messi in atto per controllare il rispetto di questa norma hanno dimostrato degli sforamenti nella quantità di alluminio trasferita nei nostri cibi.

Pur ricordandoci che i contenitori in alluminio rappresentano sempre un sistema di conservazione degli alimenti più sicuro per la salute rispetto a quelli plastici, che non dovrebbero essere utilizzati per il documentato e frequente passaggio nel cibo di sostanze note come interferenti endocrini, la consuetudine di utilizzare contenitori e fogli di alluminio per la conservazione e la cottura dei cibi andrebbe limitata ai cibi freddi, non acidi o salati e andrebbe scoraggiato anche l’utilizzo di bevande acide in lattina come tè, bevande gassate e succhi di frutta. In caso contrario il Tolerable Weekly Intake o lo Specific Release Limit  rischiano di essere facilmente superati e soprattutto nei bambini questo potrebbe determinare dei livelli di alluminio superiori alle dosi raccomandate, provocandone il bioaccumulo con conseguenze negative sulla salute.  Così se una volta “La scienza in cucina…” era l’arte di mangiar bene, oggi è quella utile per eliminare ciò che non ci serve, come l’alluminio, che inconsapevolmente ingeriamo tutti i giorni e in tutte le salse.

Alessandro Graziadei

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