sabato 27 maggio 2017

Tutta Europa (o quasi) contro il taglio illegale di legname

La deforestazione illegale (e anche quella legale quando mal pianificata), finisce per degradare vaste aree di foresta ricche di carbonio e di habitat vitali per la fauna selvatica, contribuendo così al cambiamento climatico e alla progressiva perdita di biodiversità.  Nel contempo secondo le stime combinate dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), del Programma ONU per l'Ambiente (UNEP) e dell’Interpool, il mercato di legno illegale frutta alla criminalità organizzata dai 30 ai 100 miliardi di dollari all’anno e rappresenta uno dei crimini ambientali più redditizi, capace di sottrarre all’economia mondiale tra i 10 ed i 15 miliardi di dollari all’anno di entrate fiscali ed espropriando di fatto dei loro redditi alcuni Paesi, molte popolazioni indigene e centinaia di onesti commercianti. Un problema che l’Unione europea ha cercato di tamponare un anno fa formalizzato con la Fao un accordo per un finanziamento di 30 milioni di dollari a sostegno di una nuova fase del programma di tutela forestale denominato Forest Law Enforcement, Governance and Trade (FLEGT) che sarà in vigore fino al 2020. Con i 18 milioni di dollari di fondi stanziati dall’Unione, i 7,25 milioni dalla Gran Bretagna e i 5,3 milioni dalla Svezia l’accordo ha l’obiettivo di intensificare gli sforzi congiunti per migliorare la gestione delle foreste e promuovere il commercio del legname ottenuto legalmente nei Paesi tropicali produttori. Un tentativo di “ridurre non solo l’impatto ambientale del disboscamento illegale e mitigare il cambiamento climatico, ma anche di far aumentare i redditi e la sicurezza alimentare delle comunità forestali, migliorandone l’accesso ai mercati nazionali e internazionali” avevano spiegato Ue e Fao in una nota congiunta. Ma bastano i soli finanziamenti per combattere la deforestazione?

La risposta è no. Gli aiuti allo sviluppo da soli non bastano. Occorre anche far rispettare le leggi, che ci sono e che per Environmental Investigation Agency (EIA) ci possono far dire che se l’Europa non ha ancora sconfitto la piaga del taglio illegale del legname, quanto meno è sulla buona strada. Già in gennaio le autorità olandesi avevano multato l’importatore di legname Fibois VB, dopo aver rilevato serie incongruenze nella documentazione relativa all’importazione di legname dal Camerun che violavano di fatto la legge sul legno illegale (EUTR). Come ha ricordato il network internazionale Salva le ForesteLa Fibois VB si riforniva dalla CCT, un’impresa camerunese che nel 2016 Greenpeace ha provato essere coinvolta nel taglio illegale di legname” e per questo l’autorità olandese ha comminato all’azienda olandese una multa di 1.800 Euro per metro cubo di legno illegale immesso sul mercato, fino a quando l’impresa non sarà conforme alla normativa Ue.

In febbraio invece la ong Forest Stewardship Council (FSC) ha tolto la sua certificazione all’industria del legno austriaca Holzindustrie Schweighofer, una delle più grandi in Europa, a causa del suo coinvolgimento con il taglio illegale di legname in Romania. La decisone di FSC è arrivata dopo che un’indagine condotta dall’EIA in settembre aveva mostrato come la Schweighofer acquistasse e vendesse il legno illegale. In una serie di brevi video, l’EIA ha documentato i camion che consegnano i tronchi delle segherie rumene alla Schweighofer. Una situazione denunciata anche dal WWF, che aveva evidenziato come il comportamento della ditta austriaca fosse in palese contraddizione con i principi ed i criteri di FSC. “Per molti anni, il WWF e altre associazioni hanno avvertito circa i legami tra la Schweighofer e il disboscamento illegale in Romania. Le accuse erano così gravi che la decisione annunciata dal FSC è l’unica conseguenza sensata” ha spiegato Johannes Zahnen, del WWF. “L’ultima grande foresta d’Europa è a rischio a causa di disboscamento illegale alimentato dalla Schweighofer - ha dichiarato Alexander von Bismarck, dell’Environmental Investigation Agency - Con questa decisione FSC mostra di voler adottare passi concreti per evitare di coprire il commercio di legno rubato”.

Mentre anche il governo rumeno ha da poco creato nuovi strumenti per il monitoraggio pubblico delle spedizioni di legname e delle attività di taglio, oltre ad aver aumentato le sanzioni contro il commercio e la deforestazione illegali, i governi di Svezia, Danimarca, e adesso anche della Gran Bretagna, hanno messo sotto osservazione gli importatori di teak del Myanmar. In un recente rapporto, sempre l’EIA, ha infatti dimostrato come le esportazioni di teak dal Myanmar verso l’Unione europea sono in violazione della legge europea sul legno illegale a causa dell’alto livello di corruzione nel settore forestale del Myanmar. Per questo dopo un ricorso presso l’Agenzia Forestale svedese l’importatore Almtra Nordic è stato condannato da un tribunale amministrativo, "per non essere stato in grado di soddisfare requisiti di legalità e trasparenza previsti dall’EUTR, commerciando un legname a forte rischio di illegalità". Di fatto l’importatore è riuscito a risalire al fornitore statale, la Myanmar Timber Enterprise, ma non sapeva indicare esattamente dove fosse stato prodotto il legname e chi lo avesse prelevato. All’Almtra Nordic, oltre che una multa di 17.000 corone svedesi (circa 1.700 Euro), il tribunale ha richiesto la sospensione della vendita di legname importato dalla Birmania fino a quando non sarà in grado di tracciare la provenienza del teak.

Con un’operazione simile a metà marzo le autorità danesi hanno chiesto a sette importatori nazionali di rafforzare i loro propri sistemi di verifica nel caso volessero continuare a commercializzare il teak originario dal Myanmar. Mentre a fine marzo l’Associazione Britannica degli Importatori (TTF) ha proposto che le sanzioni prese da Svezia e Danimarca siano applicate in tutta l’Europa e ha invitato i propri membri a non importare teak dal Myanmar: “Dal momento che le autorità di Myanmar non sono ancora in grado di assicurare prove sufficienti sulla provenienza del legname, i membri della TTF debbono astenersi dal commercializzare il teak proveniente da questo Paese” ha dichiarato il direttore della TTF David Hopkins. E mentre le autorità competenti di Belgio, Olanda e Spagna stanno esaminando le possibili violazioni del regolamento dell’Unione per il teak proveniente dal Myanmar gli imprenditori italiani che fanno? “Per ora nulla e non sono pochi gli importatori e i produttori italiani che ancora reclamizzano il teak proveniente dal Myammarha dichiarato Salva le Foreste pubblicando i nomi di tutte le realtà italiane ancora indifferenti agli allarmi dell’EIA. 

Alessandro Graziadei

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