domenica 8 gennaio 2017

Pendol-aria e mal-aria. Malattie tutte italiane?

Lo scorso novembre è stato presentato dell’ex Governo Renzi il “Piano per lo sviluppo dei sistemi di trasporto rapido di massa delle città metropolitane” che ha approvato 22 interventi sulle linee metropolitane e ferroviarie urbane con un finanziamento di 1.318 milioni di euro del Fondo sviluppo e coesione (Fsc). L’indirizzo che il documento da è quello di puntare a un riequilibrio degli investimenti in favore delle città e di promuovere una nuova agenda della mobilità urbana integrando così i 4 miliardi già chiesti nella legge di bilancio dal precedente ed attuale Ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, per l’ammodernamento del parco autobus e i 4,5 miliardi destinati al rinnovo dei treni regionali. Un’attenzione che, almeno sulla carta, non può che essere giudicata positivamente visto che esiste un’equazione secondo la quale maggiore è l’efficienza e la sostenibilità dei trasporti pubblici minore è l’inquinamento atmosferico, che negli ultimi anni pesa sempre di più sulla salute degli italiani.

Certo il trasporto pubblico (urbano ed extra urbano) è solo uno dei fattori che incidono sull’inquinamento e non è il fondamentale, ma una buona rete su ferro magari accompagnata da autobus ad energia elettrica o a metano e dallo sviluppo di ciclabili intermodali è un primo ed importante passo verso una mobilità più sostenibile. Per questo come ogni anno Legambiente lancia la campagna Pendolaria, che analizza la situazione del trasporto ferroviario pendolare in Italia e, pur sapendo che non tutto va male e che esistono nel Belpaese esempi virtuosi di mobilità su ferro, stila una stimolante lista delle 10 peggiori tratte. Si scopre così che mentre cresce l’offerta del servizio ad alta velocità, la mobilità di chi si muove sulla rete secondaria, sugli intercity e sui regionali, in molti casi continua a peggiorare e deve far fronte all’aumento delle tariffe. Complessivamente dal 2010 ad oggi, si possono stimare tagli nel servizio ferroviario regionale italiano pari al 6,5% e negli intercity del 19,7%. Solo in pochissime regioni è aumentato il servizio (il caso migliore è la Provincia di Bolzano), in tutte le altre è stato ridotto o è numericamente rimasto uguale. 

Il risultato? Per la ong sono “Guasti tecnici, ritardi imprecisati e sovraffollamento che mettono alla prova ogni giorno quei milioni di cittadini che utilizzano il treno per raggiungere il luogo di lavoro o studio”. Anche quest’anno a guidare la poco onorevole classifica delle tratte peggiori troviamo la Roma – Ostia Lido. Il servizio della linea suburbana appare totalmente inadeguato alla domanda di spostamento dei circa 100.000 studenti e lavoratori quotidiani. La Circumvesuviana invece, che collega un’area metropolitana di circa due milioni di abitanti e si estende per 142 km con 6 linee e 96 stazioni, ottiene quest’anno la piazza d’onore. “Qui - ha spiegato Legambiente - il pendolare non fa più caso ai ritardi. La speranza, semmai, è che la corsa non venga cancellata e che si arrivi a destinazione senza gravi intoppi perché il peggio non sarebbe il probabile guasto, ma l’incidente o il principio di incendio, oppure il finestrino preso a sassate”. Al terzo posto troviamo la Reggio Calabria-Taranto, la linea che dovrebbe unire le regioni del Sud, i centri turistici e i porti, garantendo un servizio di qualità per studenti, turisti, lavoratori, attualmente in uno stato di grave degrado. In realtà esistono solo 4 collegamenti al giorno da Reggio a Taranto, per una durata minima di 6 ore e 15 minuti, dopo tre cambi e un tratto in pullman. Anche qui i tagli sono stati del 20% dal 2010 con la cancellazione di 2 intercity, 4 intercity notte, 5 treni espresso, 7 treni espresso cuccetta e 2 treni interregionali.

Non sono diverse le condizioni della Messina - Catania - Siracusa, Cremona - Brescia, Pescara - Roma, i collegamenti per Casale Monferrato, con la linea per Vercelli e quella per Mortara, la tratta Bari - Martina Franca - Taranto, la Treviso - Portogruaro e la Genova - Acqui Terme che chiude la classifica. Per questo “Il nostro Paese ha bisogno di una cura del ferro a partire dalle città e il trasporto ferroviario pendolare deve tornare una priorità nazionale negli investimenti e nelle attenzioni - ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini - Oggi non è ancora così, e su troppe linee la situazione in questi anni è addirittura peggiorata, con meno treni, convogli vetusti e ulteriori tagli ad interi collegamenti. […] Il nuovo Governo deve individuare le risorse per il rilancio del trasporto pendolare e procedere al commissariamento dove le Regioni non sono in grado di garantire il servizio”. Risorse che al momento sembrano essere tornate all’ordine del giorno dell’agenda di governo e che a quanto pare sono fondamentali per consentire al trasporto pendolare di raggiungere la stessa qualità ed efficienza dell’Alta velocità. 

Fino a quando la mobilità urbana verserà in questo stato, quindi, non sarà un caso trovare Torino, Frosinone, Milano, Venezia, Vicenza, Padova, Treviso in testa alla classifica dei capoluoghi di provincia che hanno superato la soglia limite di polveri sottili nel 2016, come ci ricorda ancora Legambiente con una ricerca elaborata sui dati delle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (Arpa) e presentata il 4 gennaio 2017. A fronte di un numero massimo di 35 giorni all’anno previsti dalla legge con concentrazioni superiori ai 50 microgrammi al metro cubo, Torino si attesta su 86 giorni, Frosinone su 85, Milano e Venezia su 73, Vicenza su 71, Padova e Treviso su 68. E la classifica prosegue, per un totale di 32 città in allarme smog. “Sono urgenti e necessari interventi strutturali, di lunga programmazione, i cui tempi di messa in opera superano quelli del mandato elettorale di un sindaco. Serve un piano nazionale che aiuti i primi cittadini a prendere e sostenere le decisioni giuste: misure strutturali e permanenti, anche radicali e a volte impopolari, per la cui realizzazione occorrono, per altro, investimenti largamente al di sopra della portata dei Comuni, stretti dal patto di stabilità”.

Nel decalogo delle proposte di Legambiente non mancano chiaramente quelle dedicate alla mobilità. Per la ong oggi l'80% dello spazio pubblico è destinato alla carreggiata e al parcheggio: occorre invece ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città “per far convivere tram e mezzi di locomozione diversi” e “favorire sicuri spostamenti a piedi e in bicicletta” con una rete cittadina dedicata sempre più  sviluppata. Per l’associazione del cigno verde “L’esperienza delle città europee dimostra che si può arrivare ad avere numeri significativi di spostamenti ciclabili” e che non è un’utopia avere “bus più rapidi, affidabili ed efficienti”. L’aumento di velocità del trasporto pubblico si ottiene attraverso strade dedicate e corsie preferenziali, interventi spesso a basso costo per le amministrazioni comunali e velocemente realizzabili. Infine “occorre potenziare e rendere più sostenibile il trasporto pubblico” con un ricambio del parco pubblico circolante realizzato attraverso una programmazione pluriennale per treni, metro, tram, autobus e un fondo che coinvolga le regioni e i comuni. Un passo che al momento sembra essere stato abbracciato dal “Piano per lo sviluppo dei sistemi di trasporto rapido di massa delle città metropolitane”.

Alessandro Graziadei

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